CETI URBANI E RISORGIMENTO

Il Carcere Borbonico E La Borghesia

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Il carcere borbonico

Nei locali dell’antica caserma di cavalleria della fortezza di Pescara, trasformati nell’Ottocento in Bagno Penale dai Borboni, furono imprigionati dal 1850 al 1860 molti dei maggiori protagonisti abruzzesi del Risorgimento, il grande movimento di pensiero e di azione che condusse alla nascita dell’Italia Unita. Questi giovani rivoluzionari appartenenti a quell’intellettualità romantica che si batteva per la libertà e l’unità di Italia, esprimevano la lotta aperta dei ceti borghesi urbani per il riconoscimento del loro ruolo sociale e per gli ideali di libertà e democrazia, in sostituzione del potere aristocratico feudale. In questo carcere, venivano incatenati in coppia e messi insieme, per aggravio di pena, ai detenuti per reati comuni.

La sezione museale, dedicata ad uno dei più significativi apporti della cultura borghese all’identità regionale, completa il profilo culturale delle Genti d’Abruzzo, delineato nell’ampia area espositiva superiore del museo, soprattutto in riferimento alla cultura e alle tradizioni popolari agro-pastorali.

Le borghesie

Genesi di una società di massa

Sulla base di un’agricoltura sempre più inserita nei mercati internazionali è venuta sorgendo, nel corso del Settecento, una borghesia imprenditoriale autonoma, capace di utilizzare le risorse secondo strategie economiche di profitto.

Col Risorgimento, le borghesie conquistano un ruolo sociale e politico dominante, scontrandosi con il mondo rurale, rimasto legato all’antico regime feudale, fino ad imporre i propri modelli culturali. Saranno le città e i ceti urbani ad assumere un ruolo di guida nei confronti del territorio e della società. Una leadership qualitativamente diversa da quella da sempre posseduta sulla campagna; non più due realtà differenti, sia pure in relazione gerarchica tra loro, ma un unico grande “villaggio globale” dove industrializzazione e mass media condurranno i ceti borghesi a diventare vettori di un processo di massificazione, di omologazione culturale e standardizzazione dei modelli di riferimento, le cui origini sono alla base delle, nostre condizioni attuali. Oggi lo sviluppo della tecnica e delle relative possibilità di comunicare e di spostare uomini e merci accentuano questo fenomeno fino alle estreme conseguenze della globalizzazione.

In Abruzzo il fenomeno dell’accanita resistenza delle “masse” all’invasione francese ed il successivo “brigantaggio” postunitario, diffuso nelle campagne, si contrappone in maniera significativa ad importanti episodi risorgimentali a carattere democratico nei centri urbani ed alla capillare diffusione della carboneria fra i ceti medi. Qui possiamo osservare con evidenza lo scontro epocale avvenuto tra il mondo delle tradizioni rurali, che affondano le proprie molteplici radici culturali in consuetudini millenarie, ed i principi di modernizzazione legati al Progresso, visione borghese di un mondo nuovo in virtù del quale diventa lecito, anzi doveroso, ribellarsi all’antico ordine.

L’Abruzzo è oggi la regione più verde d’Europa: una scelta attuata attraverso la destinazione a Parchi Naturali di oltre 1/3 del proprio territorio. I tre grandi Parchi Nazionali (d’Abruzzo, del Gran Sasso-Laga e della Majella), il Parco Regionale Sirente-Velino, le oltre 20 Riserve naturali, conservano infatti oltre il 70% delle specie animali e vegetali dell’intero continente, facendo dell’Abruzzo il laboratorio europeo della biodiversità e dello sviluppo sostenibile.

Il bagno penale: dati e appartenenza sociale

Il nome bagno, dato alle galere di terra, deriva probabilmente dall’uso di condannare i rei ai lavori forzati al remo delle galere, antiche navi militari sottili e basse i cui alloggiamenti per i rematori si trovavano appena sopra il livello dell’acqua. Del resto la scorta dei forzati e la loro custodia nei bagni erano affidate ancora ai reparti della marina militare. L’articolo 8 delle Leggi Penali del “Codice del Regno delle Due Sicilie”, promulgato nel 1819, così recitava:

“la pena dei ferri sottopone il condannato a fatiche penose a profitto dello Stato. Si espia ne’ bagni ove i condannati strascineranno a’ piedi una catena, o soli, o uniti a due, secondo la natura del lavoro cui verranno addetti.”

I primi documenti che attestano l’esistenza di un bagno penale nella fortezza di Pescara risalgono al 1810, al tempo di Gioacchino Murat.

Ma è solo a partire dai primi mesi del 1850 che vi giunsero i primi condannati per reati politici, vittime della reazione borbonica ai fatti rivoluzionari del biennio precedente. I galeotti politici che espiarono la condanna ai ferri, interamente o parzialmente, nel bagno penale di Pescara dopo le vicende rivoluzionarie del 1848 e fino all’arrivo delle truppe Piemontesi furono in totale 100, quasi tutti giovani fra i venti ed i trentacinque anni. Di questi 35 erano abruzzesi, 28 della provincia di Teramo e 7 di quella di L’Aquila. Coloro che scontarono la pena interamente nel carcere di Pescara furono 39; ben 18, quasi uno su due, vi morirono in catene e di questi ultimi 12 furono abruzzesi.

Ben 27 dei 100 imprigionati a Pescara, il gruppo più cospicuo, era costituito da proprietari o professionisti, 25 erano poi gli artigiani e 7 gli impiegati, infine 2 studenti. Altri 21 erano addetti ad attività varie, comunque riconoscibili per appartenenza a ceti urbani. Solo 9 su 100 erano braccianti; considerata la prevalenza assoluta della popolazione contadina di quel tempo e che alcuni di essi provenivano dalle rivolte che avevano anche carattere indipendentista della Calabria, appare evidente lo scarso interesse delle genti rurali per la Costituzione e per la democrazia formale tanto care ai liberali.

Cultura e società: salotti, teatri, caffè

La casa palaziata rappresenta il simbolo pietrificato dello status raggiunto dal gruppo familiare borghese, ad imitazione del modello nobiliare, il luogo da cui si governano tutte le attività. Tuttavia è nel salotto che si esprime la metafora del modello sociale e culturale borghese. Gli ospiti vengono ricevuti in questo spazio di rappresentanza dove viene mostrata la propria appartenenza sociale. Gli oggetti e la loro disposizione assumono un valore simbolico, i comportamenti vengono ritualizzati in “etichetta”. La consuetudine di un’intensa vita di relazione all’interno delle mura domestiche risale al modello del salone nobiliare, ma nei salotti, soprattutto di provincia, “benestanti” e “galantuomini” si incontrano in piccoli gruppi, in prevalenza maschili, per discutere di affari o per decidere le questioni importanti del paese; qui si ritrovano i cospiratori delle sette carbonare e si forma l’opinione pubblica del ceto medio. Inoltre, le case borghesi spesso ospitano intendenti e funzionari, personalità politiche e militari di passaggio; necessitano, quindi di luoghi di rappresentanza per le intense relazioni sociali.

Nelle grandi città si diffondono anche altri modi di aggregazione sociale tipicamente borghesi, esterni alle mura domestiche, in luoghi non più privati ma pubblici. Club, caffè e teatri sono i ritrovi abituali di questi ceti, spazi dove poter manifestare i nuovi bisogni di socialità, ma anche i propri orientamenti culturali e politici. I giardini pubblici divengono di gran moda per il passeggio quotidiano, ad imitazione di quelli aristocratici nati per diletto di corte. Ma è soprattutto nei caffè che si diffonde la stampa, cresciuta di importanza attraverso la lettura pubblica di giornali e riviste, a formare la nuova coscienza nazionale di un intero gruppo sociale. Nella “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789 la libertà di stampa viene sancita come diritto naturale sacro e inalienabile.

Nei teatri pubblici, di recente costruzione, si inneggia al risorgimento italiano e si distribuiscono volantini che invitano alla rivolta, come nel 1848 al Marrucino di Chieti, dove si eseguono opere locali come la cantata con cori “Il Risorgimento Italiano” e un inno con cori “L’Italia risorta”. Ogni famiglia importante dei principali centri abruzzesi aveva il proprio palco riservato nei nuovi teatri, simbolo di prestigio, autorità e potere raggiunto, ma anche luogo per incontri galanti.

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Chi siamo

Il Museo delle Genti d'Abruzzo di Pescara, articolato in 13 grandi sale espositive, traccia la storia dell'uomo in Abruzzo dal suo primo apparire come cacciatore paleolitico fino alla rivoluzione industriale ed alla conseguente cesura del millenario rapporto e adattamento economico e culturale con l'ambiente caratterizzato prevalentemente da montagne.

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