I fondali bassi e ricchi di nutrienti dell’Adriatico hanno da sempre favorito lo sviluppo della pesca svolta secondo metodi e mezzi tradizionali, come le tipiche paranze, imbarcazioni dalla chiglia quasi piatta e adatte all’avvicinamento alla riva, o i caratteristici trabocchi, macchine da pesca che permettevano ai nostri “contadini del mare” di sfruttare i promontori rocciosi per catturare i pesci senza l’uso di barche.
Una cultura marinara i cui tratti comuni sono stati determinati dall’esperienza e dal rapporto quotidiano con il mare, nel contesto di una continuità storica legata alla plurisecolare influenza della marineria veneziana, ma che sulle nostre coste ha sviluppato caratteristiche peculiari adattando le proprie consuetudini e tramandandole di padre in figlio pressoché immutate nei secoli, fino a determinare espressioni folkloriche e identitarie differenti dai contesti socioculturali circostanti, borghesi o agropastorali, risultati dominanti nella storiografia regionale.
Con l’avvento della motorizzazione e dei nuovi materiali plastici nel secondo dopoguerra si rivoluzioneranno i sistemi di pesca e muteranno radicalmente le condizioni socioculturali delle genti di mare.
Oggi l’esposizione dedicata alle locali marinerie tradizionali intende offrire un primo contributo di indagine e di riflessione su alcune dimensioni storico-culturali dei nostri pescatori, tentando di collocarne le specificità all’interno della storia delle culture delle genti d’Abruzzo.